Nel merito delle nuove normative regolate dal D.M.37/08 i fa un gran parlare citando dichiarazioni di conformità e di rispondenza; cerchiamo di fare un pò di chiarezza sull’argomento.
La dichiarazione di conformità è un documento, con diversi allegati, che una impresa al termine delle lavorazioni commissionate e per le quali deve essere abilitata dalla competente camera di commercio, rilascia, a fronte di un collaudo positivo. La dichiarazione di conformità quindi è emessa da chi effettivamente ha realizzato le lavorazioni. E’ obbligatoria per legge e pertanto nessun ulteriore addebito può essere previsto per il cliente.
La dichiarazione di rispondenza, lo dice la stessa parola, è un documento, corredato anch’esso dagli allegati previsti, in cui, in alcuni casi un perito iscritto all’albo, in altri un responsabile tecnico di una impresa abilitata, attesta che l’impianto si trova nella situazione di rispondenza tecnica alle norme in vigore, almeno riferite alla data di installazione di quell’impianto. Questo tipo di soluzione si adotta in quei casi in cui la certificazione tecnica originale è andata smarrita e non si riesce a risalire all’originale, oppure non è stata rilasciata in quanto alla data di esecuzione dell’mpianto la normativa non la prevedeva ecc. Quindi questo documento non è emesso da chi ha realizzato i lavori.
L’emissione di una certificazione di rispondenza, è sempre e comunque successiva ad un controllo completo di un impianto sia esso elettrico, di antenna, termosanitario, ecc. e pertanto dal punto di vista prettamente economico è da vedersi come una analisi tecnica o una perizia realizzata da un tecnico, un ingegnere, un geometra ecc. Spesso vengono allegati vari documenti previsti dal D.M. 37/08, e l’intera documentazione va redatta in più copie da inviare agli enti preposti, in parte a carico del committente in parte a carico di chi effettua la certificazione. Appare chiaro come in quest’ultimo caso, a differenza del precedente, il professionista che esegue questo tipo di prestazione, vi fatturi un corrispettivo previsto calcolato in base a vari parametri. La dichiarazione di rispondenza comunque non può essere vista in nessun caso come la panacea di tutti i mali, quindi non è stata fatta perchè un impianto vecchissimo e pericoloso diventi “Legale” in cambio di un pò di euro. Infatti, con la dichiarazione di rispondenza il professionista attesta (sotto la propria responsabilità) la sicurezza dell’impianto e dubitiamo che se la senta di assumersi questo onere di coscienza oltre che legale in caso di pericoli.
Se la situazione dell’impianto fosse fortemente compromessa l’unica cosa che resta da fare è metterlo a norma affidando ad una ditta abilitata le lavorazioni che emetterà poi la relativa certificazione di conformità.
……IN CASO DI COMPRAVENDITA ?
La normativa, prima del 25/06/2008, prevedeva che, al momento del trasferimento dell’ immobile, fosse obbligatorio trasferire la documentazione relativa alla conformità degli impianti (o la dichiarazione di rispondenza) e il libretto di uso e manutenzione al nuovo proprietario. Inoltre andava prevista una “clausola di garanzia” con cui il vecchio proprietario assumeva su di sè la responsabilità in merito alla funzionalità ed alla sicurezza degli impianti. Attualmente questi obblighi (inseriti nell’ articolo 13 del DM 37/08) sono stati abrogati con l’art. 35 del DL 112/08. Le disposizioni sono state valide per solo tre mesi dal 27/3/2008 al 25/6/2008.
Quindi in caso di rogito il compratore ed il venditore non sono obbligati a dichiarare la conformità o la “non conformità” degli impianti e il certificato non va obbligatoriamente allegato. Tuttavia, al fine di evitare contestazioni da parte dell’acquirente è preferibile specificare nell’atto lo stato degli impianti, la loro rispondenza alle norme e l’eventuale presenza o assenza della “conformità”